“Briganti e musica popolare dal nord del Sud”
Il volume di Pierluigi Moschitti percorre una strada già iniziata con il precedente: Mò vene Natale – la tradizione natalizia e la musica popolare, vincitore della quinta edizione del Premio Giornalistico Internazionale – sezione scrittori – dell’Istituto Nazionale delle Regioni Storiche.
L’attenzione per la tradizione musicale diventa qui, tuttavia, uno sfondo per il tema del brigantaggio che viene trattato attraverso un’accurata ricerca antropologica, forte della passione storica che un etnomusicologo come Moschitti, strumentista di musica popolare, ha saputo regalarci. Dalle origini, nel Cinquecento, sino agli anni tumultuosi dell’Ottocento, il fenomeno brigantesco diventa un racconto di leggende, favole, materiale imponente per cantastorie di cui il lettore fa esperienza diretta grazie all’ascolto dei brani contenuti nell’allegato cd musicale.
Così, attraverso le biografie di Marco Sciarra, che derubò l’illustre Torquato Tasso, Antonio Gasparoni, perenne fuggitivo, il ben noto Frà Diavolo, soggetto favorito da molte rappresentazioni teatrali e cinematografiche, ed innumerevoli altri ancora, si comprendono le diverse sfaccettature di un fenomeno popolare e popolano nelle cui intenzioni vi erano meschinità e crudeltà quanto solidarietà e virtù patriottica. Come Michail Bakunin ne ricordava l’animo anarchico, insieme sociale e rivoluzionario, George Byron e Walter Scott ne tramandavano lo spirito romantico.
E’ “Tra Epitaffio e Portella”, quella zona di confine fra lo Stato Pontificio e il Regno Borbonico, che era situata un tempo la Terra di Nessuno, terra di frontiera, priva di giurisdizione dove i briganti la facevano da padroni; e prima contro i francesi, poi contro le truppe piemontesi seppero “dar battaglia”, vendicando gli antichi livori di sopraffazioni e tradimenti di galantuomini mal disposti alle concessioni. Un territorio facente attualmente parte della Regione Lazio quale evidente lascito della storia del napoletano e del suo essere, dunque, il nord del Sud.
La linearità espositiva, la chiarezza cronologica del testo sono alla base di una narrazione piacevole e leggera, indicativa della sua destinazione scolastica. Un contributo originale che riesce a mescolare i diversi strumenti educativi: cultura orale, scritta e intrattenimento musicale che si intrecciano nella volontà dell’autore di far luce parziale su un Risorgimento mai del tutto privo di ombre.
La rivalutazione degli assetti che portarono all’Unità d’Italia e l’assunzione di una prospettiva dal basso (la reazione del popolo) insinuano il dubbio di trovare in essa le radici di un problema ben più profondo come la Questione Meridionale.
Il carisma del brigante, il pittoresco abbigliamento – a partire dalle immancabili “cioce”, le calzature con cui si distingueva – sino alle storie di vendetta e di redenzione, tutto contribuisce a mostrare le diverse anime di una figura così spesso demonizzata. Religioso ma passionale, solidale e combattente, si spiega la scelta del brigante come identità simbolica della band di cui Moschitti stesso è componente: I Briganti di Frontiera.
L’utilizzo di illustrazioni, testi della tradizione popolare appositamente tradotti, le foto e i documenti d’archivio, rendono il volume un prodotto ben curato e gradevole alla vista oltre che alla lettura. L’epopea brigantesca trova in Moschitti un contemporaneo cantastorie.
(Chiara Li Volti)